Pennivendoli dalla memoria corta e dalla lingua biforcuta…

fonte www.notav.eu

Data: Monday, 16 July @ 19:29:19 CEST
Argomento: I nostri commenti


…che spianano la strada alla procura di Torino per le udienze del 17 e del 20 luglio.
Così è intitolato un commento circolato via e-mail a proposito di due articoli de la stampa a firma di massimo numa pubblicati il 12 e 13 luglio, di seguito il testo:
Chissà come mai si dimenticano del sequestro della montagna di
Urbiano e del Seghino: per 54 giorni li hanno tenuti sotto sequestro.
Chissà come mai non dicono che la libera repubblica di Venaus era
disponibile al cambio fin dalla notte ma che Sanna si era rifiutato
perché oltre al cambio pretendeva lo smantellamento delle barricate?

Chissà
come mai mentono dicendo che i poliziotti hanno sgomberato il cantiere
mentre di fatto il cantiere non esisteva perché i terreni non erano
ancora stati presi in carico da LTF?
Chissà come mai non dicono che un proprietario dei terreni che dovevano
essere espropriati da LTF, che era sul suo fondo in attesa dei tecnici
per fare la constatazione dello stato di fatto, è stato manganellato
dai poliziotti che gli hanno rotto una mano (con la quale cercava di
salvare la testa) ed è stato allontanato con la forza impedendogli di
esercitare un suo sacrosanto diritto?
Chissà come mai non parlano dell’incitamento di Sanna dall’alto della
ruspa di stato ai suoi uomini per spaccare la testa a tutti?
Chissà come mai non parlano dei falsi verbali di LTF?
Chissà come mai ci si è già dimenticati dei fatti di Genova?
 
Forse perchè questo governo ha premiato i capi dei poliziotti bugiardi e violenti.
 

 


 

Gli articoli in questione:
13/7/2007 (7:49) – Scontri di Venaus, la rivolta dei poliziotti

Polemica per la richiesta di pagare i danni gli agenti schierati contro i dimostranti in Valsusa
MASSIMO NUMA
TORINO
«Quando un procuratore generale della Corte dei Conti accusa la polizia
di aver "danneggiato" l’immagine dell’Italia per aver compiuto il suo
dovere disperdendo i manifestanti No Tav in seguito ad un legittimo
ordine di sgombero emesso dal precedente governo, vuol dire che la
politica dell’ordine pubblico in Italia non esiste più». Lo afferma in
una dichiarazione il vicecoordinatore di Forza Italia Fabrizio
Cicchitto. E ancora: «Capiamo bene la solerzia dell’alto magistrato,
evidentemente attento a non scatenare le ire della sinistra estrema e
contigua a no global e anti-Tav ma fare affermazioni di questo tipo in
un provvedimento giudiziario, questo sì rovina l’immagine, ma della
magistratura contabile. Quanto alla sicurezza, essa è già stata messa a
repentaglio da questo governo, così sensibile alle ragioni dei
Disobbedienti che distruggono le città e invece ostile nei confronti di
chi l’ordine pubblico è chiamato a difenderlo e garantirlo.

L’indagine al centro della
polemica è quella promossa, nel dicembre 2005, ora prossima alla
conclusione, dal procuratore generale del Piemonte, Ermete Bogetti,
contro i dirigenti della polizia responsabili dell’ordine la notte in
cui furono sgomberati strade e cantieri Ltf dai manifestanti della Val
Susa, compresi anarchici e autonomi dei Centri Sociali. Dopo Cicchitto,
Rifondazione Comunista. Dice il consigliere regionale Juri Bossuto:
«Non si può che concordare con il procuratore generale.

Egli giustamente rimarca che
il danno vada considerato come provocato da pubblici dipendenti». Poi:
«Sia ben chiaro che questa osservazione non deve ricadere sui
lavoratori delle forze di polizia, spesso nervosi e "caricati" fino al
limite delle loro possibilità, ma su coloro da cui provengono gli
ordini di repressione delle piazze che manifestano o dei momenti di
corteo. Coloro che ordinano una carica, tra l’altro frequenti quando
riguardano alcune forze politiche e meno in altri casi, hanno il dovere
di valutare che il manganello colpisce la testa di cittadini e
contribuenti, ossia i datori di lavoro sia di noi politici che di tutti
gli operatori pubblici… Condividere questi semplici concetti è atto
che fa del bene alle forze dell’ordine, ai cittadini, alle istituzioni
e soprattutto alla democrazia».

Durissimo Silverio Sabino,
dell’esecutivo nazionale del Sap, il sindacato di polizia: «Lo Stato
non può mettere sotto processo se stesso. Perché la magistratura
contabile non ha avuto lo stesso zelo negli anni di Tangentopoli?
Tuteleremo i colleghi e saremo al loro fianco. Negli scontri, i
poliziotti furono letteralmente sequestrati dai manifestanti
all’interno dei cantieri dell’alta velocità, senza mangiare, dormire o
ricevere il cambio per 12-18 ore. A noi chi ci ripaga del danno
subito?». Infine: «… E’ troppo facile, evidentemente, mettere sotto
processo agenti che guadagnano 1100 euro al mese, piuttosto che il
potere politico». Eugenio Bravo, sostituto commissario e dirigente
nazionale del Siulp: «Le risorse che sono state spese indebitamente
sono soprattutto quelle derivate dagli straordinari dei poliziotti,
isolati per oltre 24 ore dai contestatori… Erano andati a Venaus per
difendere la legalità e lo Stato. Il linciaggio pubblico e morale dei
funzionari e dei poliziotti provoca davvero un danno all’immagine della
polizia. E’ una pagina triste. E va chiusa al più presto».

 


 

12/7/2007 – "La polizia ha caricato? Deve pagare"
La Corte dei Conti: gli scontri procurano un grave danno d’immagine per lo Stato
MASSIMO NUMA
TORINO
Il procuratore generale della Corte dei Conti del Piemonte, Ermete
Bogetti, ha «quasi concluso», sono parole sue, l’indagine sul presunto
«danno d’immagine nei confronti dello Stato e degli stessi corpi di
polizia», causato dalle cariche della polizia avvenute a Venaus, in Val
Susa, nel dicembre del 2005, durante lo sgombero di strade e cantieri
dell’Alta Velocità, occupati da giorni da centinaia di manifestanti,
tra cui elementi estremisti e dell’area anarchica, ora imputati dai pm
di Torino, di «resistenza, lesioni, devastazione e saccheggio». «Gli
interrogatori sono conclusi, entro l’autunno chiederò le misure», dice
l’alto magistrato. Giovanni Aliquò, segretario nazionale del sindacato
funzionari di polizia va all’attacco: «Se mai passasse questa linea, ci
sarebbe un cortocircuito. Da una parte, i poliziotti avranno mille
remore a intervenire; dall’altra saranno accusati di lasciare mano
libera ai danneggiamenti. Un’indagine incomprensibile, che si porta
dietro conseguenze pericolose».

Quando, due giorni dopo i
fatti, si diffuse la notizia dell’inchiesta della Corte dei Conti, a
molti era parso un ballon d’essai. Invece no. Nei giorni scorsi Bogetti
ha sentito uno dei dirigenti della polizia di Stato che allora
guidarono lo sgombero dei cantieri Ltf di Venaus. Che cosa rischiano?
«Noi abbiamo il compito di individuare i danni erariali. Loro rischiano
di pagare un risarcimento allo Stato, se le loro responsabilità saranno
provate», precisa il procuratore. Le indagini sono state portate a
termine dalla sezione di polizia giudiziaria della Guardia di finanza
della Corte dei Conti, e con l’aiuto dello stesso sindaco di Venaus,
Lino Durbiano, incaricato dallo stesso procuratore di produrre
materiale fotografico, film e testimonianze.

Un sindaco-sceriffo che, in
tutti questi mesi, s’è dato molto da fare. Il procuratore ha lavorato
su indizi precisi. Per esempio, una foto. C’è una donna seduta per
terra e un poliziotto in tenuta anti-sommossa che la sovrasta. Il
magistrato ha chiesto spiegazioni a un funzionario: «…Ero io, stavo
cercando di aiutarla ad alzarsi, non ho l’abitudine di picchiare le
signore». Ancora: «Il fascicolo, per ora, è contro ignoti – spiega uno
dei vicequestori sentiti da Bogetti – e noi non siamo ancora
formalmente accusati di alcunché. Certo, l’idea di dover pagare, noi,
forti somme perché abbiamo posto fine a un atto illegale, com’era
l’occupazione dei cantieri, delle strade, delle ferrovie, dove tra
l’altro molti poliziotti e carabinieri erano rimasti feriti, ci lascia
sconcertati».

Il lungo interrogatorio è
stato minuzioso: chi c’era, chi comandava, quali erano gli ordini e da
chi erano stati impartiti: il questore, il prefetto, il ministro degli
Interni Pisanu, il presidente del Consiglio. Che allora era Silvio
Berlusconi. Dottor Bogetti, scusi, ma sarà l’ex premier o il Viminale a
rispondere del presunto «danno d’immagine» causato dalle cariche? «Non
mi sembra probabile perchè, alla fine, le forze dell’ordine stavano
operando contro uno stato d’illegalità. Dunque, sin qui, tutto
regolare. E’ il modo che non va».

Insomma, dal dicembre 2005 al
luglio del 2007, il dottor Bogetti non s’è spostato di un solo
millimetro. Allora aveva testualmente risposto, a chi gli chiedeva se
avesse mai avuto «pressioni» per aprire il fascicolo: «No, nessuna
pressione. Sono stato sollecitato dalle immagini viste in tv. Mi sembra
che la polizia debba tutelare i cittadini, non aggredirli
gratuitamente. Uno dei doveri dello Stato è quello di creare consenso
intorno al rispetto delle leggi, ma se qualcuno agisce in modo da
spezzare il rapporto fra cittadini e istituzioni, il pregiudizio è
evidente. Non vedo differenze con il dipendente pubblico che si macchia
di reati d’altro genere e viene condannato dalla Corte dei Conti a
risarcire lo Stato per il danno provocato dal suo comportamento». Il
calendario dei prossimi interrogatori è già stato fissato. E sfileranno
altri dirigenti della polizia torinese, allora responsabili dei reparti
che agirono a Venaus.

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