Torino – Ordigni nei cassonetti

fonte indymedia.ch

Notte del 3/4 marzo 1998

Tre anarchici, Edo, Sole
e Silvano, finiscono in galera accusati di essere terribili terroristi,
lupi grigi che infestano le valli in lotta, a suon di bombe, contro il
tav.
Accusati da pm e giornalisti (ricordiamo tre nomi, li avrete certamente sentiti: Laudi, Tatangelo e lo scribacchino Numa)
Edo ucciso da questi individui, per conto dello stato, il 28 marzo 1998.
E Sole seguirà il suo esempio l’11 luglio 1998.

Sono passati quasi 10 anni.

Chi ha ucciso due compagni è sempre al suo posto.
A fare il pm o il pennivendolo.
E sono di nuovo li a preparare montature.
A infangare la memoria di chi hanno ucciso.

Già, nell’articolo più sotto leggerete di come gli ANARCHICI abbiano
fatto saltare alcune pattumiere. E di come in realtà quelle pentole
esplosive fossero indirizzate alla polizia.
Beh del resto anche quell’infame di Numa si è reso conto di come le due parole polizia/immondizia siano simili.

Un ultimo appunto.
Chi sono i veri terroristi?
Coloro che se scrivono “Lo stato uccide” vengono arrestati.
O quelli che dopo aver infangato la memoria pubblicano in 10000 e passa copie lo schema per costruire future pentole esplosive?

Seguono gli articoli della Stampa

Bombe alla Crocetta nel mirino la Polizia (di Massimo Numa)
Nessun ferito, si segue la pista anarco-insurrezionalista

TORINO
Una trappola mortale per la polizia. Teatro, il quartiere Crocetta.
Neanche una sorpresa assoluta. I Servizi avevano segnalato al Viminale
il pericolo di «azioni imminenti» e da pochi giorni era stata diffusa
una circolare, anche a Torino, che prescrive una serie di nuove misure
precauzionali. Tre bombe, due esplose, la terza no, in rapida sequenza.
E con un obiettivo: colpire gli agenti che stavano accorrendo e i
vigili del fuoco. I più esposti ai pericoli, assieme agli artificieri.
Volevano uccidere. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto
Maurizio Laudi, puntano su quello sparuto gruppo di
anarchici-insurrezionalisti che – in questo modo – volevano forse
celebrare il nono anniversario dell’arresto di Sole e Baleno, compagni
di guerriglia arrestati nove anni, esattamente il 5 marzo 1998, e morti
suicidi.
Alle 4,25 la prima esplosione. Corso Trento, civico 11. Un boato scuote
l’isola pedonale della Crocetta. Le luci delle case si accendono, una
dopo l’altra. Molti aprono le finestre. C’è un cassonetto dei rifiuti
sventrato da una bomba. Due testimoni avrebbero visto qualcosa di
«utile» all’indagine. Oggi saranno di nuovo risentiti. Avevano notato
persone a bordo di un’auto sospetta. Poi ci sono le tracce di sangue,
trovate nella toilette di un bar di corso Einaudi, vicino alla
postazione dei taxi, che resta aperto tutta la notte. Un attentatore
s’è ferito? «Abbiamo fatto i rilievi. Vedremo», taglia corto la Digos.
Già acquisite le immagini riprese dalle videocamere della zona, specie
in corso Einaudi.
Frammenti dappertutto, schegge metalliche dalle dimensioni di un
proiettile. Anche a distanza di decine di metri. Fumo. Che il clima
politico sia teso, non è un mistero: da cinque giorni era stata
consegnata la circolare del ministero degli Interni, dopo le ultime
segnalazioni dell’Intelligence: attenzione ad avvicinarsi agli
obiettivi sensibili; quando viene segnalata la presenza di ordigni o di
persone sospette. Un invito ad essere più cauti e più attenti.
Profetica, quella circolare. Passano pochi minuti, quando già nel
silenzio si sentono le sirene delle volanti del 113, altra esplosione.
Ancora più violenta. Sono le 4,29 in corso Einaudi, angolo corso
Govone. Il frastuono, questa volta, è fortissimo. L’onda d’urto scuote
con violenza i vetri, almeno sino al terzo piano. Il contenitore dei
rifiuti non esiste più. Polverizzato: schegge di plastica e di metallo,
cioè parti del telaio, volano nell’aria, ad altezza d’uomo. Fiamme e
fumo. Gli agenti sono già in corso Trento, stanno cercando di capire
cosa succede. Arriva anche la prima pattuglia della Digos. Un’altra
manciata di secondi. Alle 4,35, in via Arimondi 5, all’interno
dell’isola, una grossa fiammata fonde le pareti del cassenotto; brucia
con violenza la polvere da cava. Niente esplosione. Una nuvola nera si
alza lentamente. Adesso è chiaro: tre esplosioni, due intense, una
quasi abortita, in rapida e studiata sequenza, una trappola costruita
per i poliziotti, o i carabinieri, i primi ad arrivare. «Sicuramente
volevano far male – dice, a caldo, il questore vicario Spartaco Mortola
– è presto per trarre conclusioni sugli autori, ma questo sembra un
copione già visto». Cioè la cosiddetta tecnica della «pentola a
pressione», indubbia specialità degli artificieri dell’area informale
che si riconoscono nella Fai, acronimo appunto della Federazione
Anarchica Informale. Che ci fosse tensione nell’aria, era un fatto
acquisito: il 5 marzo non è una data qualunque.
Erano stati arrestati, in quel giorno di marzo del 1998, Edoardo
Massari, 38 anni; Silvano Pelissero, 47 anni e Maria Soledad Rosas, 24
anni, argentina di Buenos Aires. Sono tre anarchici. Massari (Baleno) e
Maria Soledad (Sole) da lì a poco moriranno suicidi. Il primo in
carcere; la seconda nella comunità dove era detenuta. Un appuntamento
simbolico per gli anarco-insurrezionalisi torinesi. Forse per questo e
anche altro (l’assassinio di Raciti a Catania, le tensioni per la base
Usa di Vicenza, gli attacchi ai Cpt di Bologna e Firenze, persino la
guerriglia di Copenaghen, dove sono rimasti coinvolti numerosi
italiani), il ministero degli Interni aveva diffuso una circolare, da
pochi giorni anche a Torino, dove si invitano gli agenti ad avere
particolari precauzioni durante una serie di interventi. Soprattutto
quelli in cui vengono segnalati ordigni. La tecnica dell’L’inchiesta,
coordinata dal capo della Digos di Torino, Giuseppe Petronzi, parte
dalle analisi della Scientifica. Sull’ordigno inesploso potrebbero
esserci indizi «importanti». Impronte, tracce biologiche da cui
ricavare il dna, e la comparazione con i frammenti di altri ordigni,
per esempio quelli esplosi a Fossano, il 2 giugno 2006, davanti alla
caserma degli carabinieri. Stessa tecnica, stesso tipo di esplosivo,
una sola differenza: gli involucri, programmati per esplodere a pochi
minuti di distanza l’uno dall’altro, contenevano chiodi e bulloni.
Quelli della «Crocetta» no. Dice il procuratore capo, Marcello
Maddalena: «E’ un fatto molto grave. L’ ipotesi più verosimile è che si
tratti di azioni dimostrative di un gruppo anarco-insurrezionalista.
Non c’è ancora una rivendicazione. Per la potenzialità degli ordigni
aspettiamo le perizie».
La giornata si chiude con una i falsi allarmi. Uno anche alla
«Crocetta». Due ragazzi gettano un forno elettrico in un cassanetto.
Scambiati subito per terroristi.

Il secondo

Rivendicati gli ordigni nei cassonetti
Una lettera arrivata ai quotidiani «La Stampa» e «Torino Cronaca»
e firmata Fai Rat. Sono stati rivendicati così i tre ordigni che hanno
fatto esplodere ieri all’alba a Torino altrettanti cassonetti

Con una lettera giunta ai quotidiani «Torino Cronaca» e «La
Stampa» il gruppo anarco-insurrezionalista «Fai Rat» ha rivendicato l’
attentato di ieri mattina nel quartiere torinese della Crocetta, dove
sono stati fatti esplodere tre rudimentali ordigni posti in altrettanti
cassonetti dell’ immondizia.

Nello scritto si precisa che la zona è stata scelta perchè
abitata dalla buona borghesia torinese e quindi da quelli che sono
definiti gli «sfruttatori», si chiede la chiusura del Centro di
permanenza temporanea (Cpt) di Torino e si afferma che l’ attentato è
la «terza fase della Campagna fai da te».
Gli inquirenti ritengono la rivendicazione attendibile. La stessa sigla
anarco-insurrezionalista si era attribuita l’ invio di un pacco bomba,
il 3 luglio scorso, al direttore del quotidiano «Torino Cronaca», Beppe
Fossati, che era rimasto lievemente ferito.

La busta arrivata a La Stampa, affrancata con posta prioritaria,
è stata aperta dal cronista Massimo Numa. «Inizia la terza fase – si
legge – della campagna Fai da te con una serie di esplosioni fra i
viali della Crocetta. Abbiamo scelto la Crocetta perchè quartiere di
elezione degli sfruttatori e dei potenti dove non sorgono carceri o
centri di detenzione. Abbiamo portato la guerra fra gli sfruttatori.
Abbiamo programmato esplosioni di notte. Le prossime, se il Cpt non
chiuderà, di giorno. Così la Croce Rossa potrà raccogliere nel gruppo
di privilegiati piuttosto che contribuire alla repressione degli
sfruttati».

La missiva termina con la seguente esortazione: «Chiudere il Cpt,
libertà agli oppressi, morte agli sfruttatori per l’ anarchia e la
rivoluzione sociale». La firma è Rat Fai (in precedenti episodi
comparsa nella versione Fai Rat) e significa «Rivolta anonima tremenda»
e «Federazione anarchica informale». Alla rivendicazione sono stati
allegati anche dei documenti. Uno, secondo quanto si è appreso,
ricostruisce la storia e la finalità del gruppo individuato come
Federazione anarchica informale.

Dice Massimo Numa: «E’ un documento articolato, c’è una prima
parte che riguarda la rivendicazione vera e propria, e una seconda,
tutta da valutare, che riguarda gli attentati compiuti dagli anarchici
dal 2002 ad oggi e rivela particolari noti solo agli autori.»

Leggete i quotidiani a Torino! Leggeteli!
E smettete di pensare! O finirete uccisi!

Un ribelle

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