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fonte indymedia


AQUABOMBER, plichi esplosivi, collegamenti tra anarchici e Brigate
Rosse, l’annunciata offensiva contro le carceri. Ripartono anche da
Torino le indagini sul complesso arcipelago degli
anarcoinsurrezionalisti che, secondo la denuncia del ministro degli
Interni Pisanu, hanno da qualche tempo stabilito legami operativi con
le nuove Brigate Rosse. Indagini difficili, perché le varie formazioni
si muovono in modo autonomo l’una dall’altra. Niente piramide
gerarchica, nessun ruolo definito. Ma proprio a Torino iniziarono alla
fine del 2003 i primi e sistematici attacchi al sistema carcerario,
oggi considerato l’obiettivo più probabile, dopo gli organismi europei
e i politici, di plichi esplosivi ed altro. Prova generale dal 9 all’11
ottobre 2003, con una «tre giorni» di dibattiti, e anche una serie di
raid, alcuni di un certo rilievo per la scelta dell’obiettivo, portati
a termine da militanti provenienti da tutta Italia, Bologna compresa,
ora considerata la «capitale» dei gruppi terroristi più organizzati e
pericolosi. Nelle sede di un centro sociale si ritrovarono così un
centinaio di militanti di varie formazioni anarchiche, italiani ed
europei per promuovere una teoria di manifestazioni contro il carcere,
al termine di un tour europeo. Titolo: «Scateniamoci». Pensiero e
azione, perché, proprio in quelle ore, cinque anarchici e un ex
redattore della rivista «Controinformazione», legata alle Brigate
Rosse, vennero arrestati dalla Digos con l’accusa di danneggiamento
aggravato e violenza privata. Furono presi di mira la sede di un master
in criminologia, gli uffici della Rai, un ipermarket Ikea e una clinica
psichiatrica. Ora, dopo gli ultimi attentati terroristici,
quell’episodio non troppo lontano nel tempo potrebbe diventare uno dei
punti di partenza per individuare persone e collegamenti tra le
organizzazioni politiche di estrema sinistra che hanno scelto la strada
dell’illegalità. «Le persone che si sono ritrovate ad ottobre a Torino
– spiegano i vertici dell’Antiterrorismo che da Roma coordinano le
indagini – circa un centinaio, sono soggetti che oggi potremmo definire
interessanti, sia per le aree di provenienza che per quanto accadde
immediatamente dopo nel Nord e nel Centro Sud». Dunque una specie di
convention, atto fondante di un programma eversivo? Particolare:
l’individuazione delle carceri tra gli obiettivi «da abbattere», nel
mirino come i grandi centri di distribuzione, l’Ikea per esempio. Il
collegamento con l’avvelenamento dell’acqua avvenuto dentro gli
ipermarket del Nord, è sin troppo facile, visto con il senno di poi. Ma
le analisi, il lessico, sono gli stessi, le conclusioni pure. Infine,
l’inquietante presenza tra gli anarco-insurrezionalisti torinesi, di
Ermanno Gallo, 55 anni. «Nato nel 1948 – è scritto sulle note
introduttive del libro «Il carcere immateriale», un testo drammatico
sulla condizione carceraria – laureato in filosofia estetica, ha svolto
un’intensa attività pubblicistica in diverse riviste dell’area
alternativa». Tanto intensa da costare a Gallo, che «vive tra Torino e
Parigi, autore di numerosi saggi e studi», nel ‘75, l’arresto e,
dall’82 all’85, la latitanza a Parigi. La rivista era
«Controinformazione», considerata il megafono delle vecchie Brigate
Rosse. Il primo «obiettivo», il 10 ottobre, fu la scuola di formazione
internazionale Bit, forse il più interessante. Il centro ospitava un
master di criminologia a cui partecipa anche il procuratore aggiunto di
Torino Maurizio Laudi, che indagò a fondo tra gli anarchici piemontesi,
sospettati di aver organizzato attentati esplosivi. Due giovani, Edo e
Soledad, arrestati, si suicidarono in carcere fra il ‘97 e il ‘98.
Questo il comunicato, che spiega a fondo le ragioni dell’azione: «Nel
pomeriggio è stata compiuta una azione contro il Bit, in via Maestri
del Lavoro a Torino, dove hanno sede l’Unicri, Agenzia delle Nazioni
Unite per la lotta al crimine e, dal 2003, anche la scuola post
universitaria di "Master in Criminologia e Politiche Criminali"».
L’analisi: «L’attività di coordinamento e studio svolta dall’Unicri a
livello mondiale si inserisce in una logica coercitiva globale, che
tende a unire gli sforzi delle diverse polizie nazionali per una
migliore collaborazione ed efficacia dell’opera repressiva: dalla
criminalità comune sino alla lotta ai "crimini politici". In questo
contesto, in collaborazione con l’Università di Torino, magistrati,
superpoliziotti ed altri esperti di teorie e pratiche anti-crimine,
avranno la possibilità di insegnare ai futuri "quadri" della gerarchia
sbirresca le loro esperienze». Secondo obiettivo: l’Ikea e la Rai,
accusati di sfruttare i detenuti come manodopera a basso costo,
impiegandoli nella compilazione dei documenti per il pagamento del
canone. Terzo target: «Villa Cristina», una clinica strettamente
collegata al carcere delle Vallette. E’ diretta da Remo Urani, che –
non a caso – dirige il servizio sanitario di tutto il carcere e che il
4 gennaio scorso ha denunciato che qualcuno si era introdotto nel suo
condominio lasciando slogan scritti con vernice nera: «Ammazziamo le
carceri». Il documento di rivendicazione: «…Una ventina di persone si
sono introdotte del magazzino di arredamenti Ikea. La società svedese
fa produrre i propri articoli di arredamento a detenuti, sfruttando la
mano d’opera a basso costo. L’azione è durata una ventina di minuti,
mentre una parte delle persone si sono divertite a imbrattare di colore
i mobili in esposizione, gettando fiale e polveri urticanti, altri
hanno attaccato uno striscione sulla facciata principale dell’immobile,
con su scritto: "I mobili di Ikea sono fatti sfruttando i
prigionieri"». Infine la Rai. Perché? Lo spiegano gli
anarco-insurrezionalisti: «All’interno di alcune carceri italiane, tra
le quali le Vallette di Torino, sono stati creati dei "Centri Servizi
Informatici" che forniscono a prezzi stracciati l’elaborazione e la
creazione di archivi elettronici. La gestione del personale, ovvero dei
detenuti comunque sempre costretti tra le mura delle prigioni, è
affidata alle cooperative sociali. La cooperativa in questione a Torino
è l’Eta Beta, che vede tra i suoi fondatori proprio ex-detenuti…Gli
strumenti di lavoro sono forniti dalla multinazionale Getronics, legata
tra l’altro a doppio filo con la distribuzione di programmi a pagamento
della Microsoft. Ma volete un esempio di cosa sono costretti a fare i
prigionieri che lavorano nei "Centri Servizi Informatici"? Ci devono
controllare. Devono schedare i nomi degli abbonati Rai potenziali e
reali, verificare la posta ricevuta dalla Tv di Stato e archiviare i
dati di chi paga i bollettini del canone tv, ma di conseguenza anche di
coloro che non pagano». L’auto usata per «l’azione» fu rintracciata
dalla Digos parcheggiata poco distante dal Centro sociale Askatasuna.
Furono fermati Sara Pantoli, 23 anni di Bologna, Maya Husejic, 22 di
Forlì, Roberto Riccioni, 23 anni, Santa Croce sull’Arno, e Giuseppe
Conversano, 25 anni, di Torino. E con loro anche Ermanno Gallo. La
reazione del movimento fu dura. «A Torino si sta svolgendo, nonostante
i controlli della polizia, una tre giorni di iniziative contro la
società carceraria che riprende analoghi dibattiti ed azioni avvenute
in altre città europee. Gli arresti vengono definiti «un atto brutale,
rispetto al valore semplicemente dimostrativo della protesta».
Osservarono, ad ottobre, i militanti di Fenix, oggetto tra l’altro,
nella notte tra il 26 e il 27 dicembre, di uno strano raid vandalico.
Strano, perché «i ladri» si sono impadroniti di un paio di computer e
poco altro, trascurando oggetti costosi e soldi, così come era accaduto
anche nella sede torinese dei Cobas. Qui, addirittura, erano stati
prelevati «solo» gli hard disc dei terminali. Tutti i fermati, i
presunti autori dell’azione Ikea-clinica-Rai, compreso Ermanno Gallo,
furono rilasciati il 12 ottobre, il giorno dopo l’arresto. Per alcuni,
solo l’obbligo di firma quotidiana in questura e l’obbligo di
residenza.

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