Torino – Scoperta la rete informativa degli antirazzisti torinesi.

fonte informa-azione.info

 

dai muri di torino

Il questore Berrettoni e il capo della digos Petronzi "Un successo, ma non sappiamo come fermarli"
Di Massimo Numa

Tutto è cominciato il 2 giugno, quando una ventina di antirazzisti si sono materializzati sotto la villetta chierese del direttore sanitario del Cpt,
Antonio Baldacci. Pentole, fischietti, volantini e megafono armi a
prima vista inoffensive ma sufficenti per violare l’intimità familiare
del colonnello e compromettere definitivamente la sua tranquillità, già
minata dai sospetti e dalle polemiche seguiti alla morte di Fathi Hassan Nejl. L’ennesimo smacco, per gli agenti della Digos torinese comandati dal vicequestore Petronzi.
Gli antirazzisti, difatti, sono riusciti a dribblare i controlli e
scoprire non solo l’indirizzo del colonnello del corpo militare della
Croce Rossa, ma anche i suoi numeri telefoni, addirittura quello del
telefono cellulare.
Già da tempo la Questura di Torino stava indagando sulla misteriosa rete informativa
che permette agli antirazzisti di diffondere in tempo reale le notizie
riguardanti i pestaggi e le vessazioni che segnano la vita del Cpt di
Torino. Notizie che tramite sms, mail, siti internet ma anche tramite
le trasmissioni di Radio BlackOut 105.250 valicano le mura di Corso
Brunelleschi e raggiungono centinaia di persone, in tutta Italia. Da
settimane, ogni volta che si verifica un sopruso, o che viene
effettuata una espulsione, i centralini del Cpt, della sede provinciale
della Croce Rossa di via Bologna e della Croce Rossa militare di
Settimo vengono sommersi di telefona di protesta, tanto che in più di
un caso sono saltate le linee.
"Non ci sentiamo più liberi di fare quello che vogliamo. E’ come se
avessimo mille occhi che ci osservano, e che ci giudicano", afferma un
militare della Croce Rossa, che preferisce rimanere anonimo.
"Certo, ora cambieremo i numeri di telefono. Ma questi antirazzisti si
inventeranno qualcos’altro, ne sono sicuro. E nulla tornerà più come
prima…", prosegue, mentre stringe nervosamente un flacone semivuoto
di "Valium".
Secondo gli inquirenti, la fonde delle informazioni che gli
antirazzisti diffondono sarebbero i reclusi stessi, che a decine,
quotidianamente, telefonano all’esterno e raccontano quello che succede
nei gabbioni di Corso Brunelleschi. "Su questa storia delle telefonate,
non abbiamo la possibilità di intervenire. Il problema vero è che gli
antirazzisti credono ai racconti dei reclusi. Non capisco come facciano
a fidarsi di certa gente: per i clandestini, si sa, la menzogna è una peculiarità quasi genetica".
Ma un conto sono i contatti con i reclusi nel Cpt, un’altro è la
scoperta di informazioni personali e riservate, in particolare riguardo
al colonnello Baldacci. Dopo una settimana di faticose indagini, gli
uomini della Digos hanno fatto una scoperta davvero inquietante.
A quanto pare in città circolano voluminosi elenchi colmi di
nominativi, indirizzi e numeri telefonici di centinaia di migliaia di
persone. Ispirandosi forse al noto "Libretto Rosso" di Mao che
spopolava trent’anni fa tra gli universitari torinesi, i sovversivi dei
nostri giorni avrebbero battezzato questi elenchi "Pagine Bianche".
Gli uomoni della Digos ne hanno già sequestrate centinaia di copie, ma le indagini proseguono per scoprire la tipografia clandestina dove vengono stampate.
Un discorso a parte merita la questione del numero di cellulare del
colonnello della Cri. Le indagini sono coperte da segreto, quindi in
questura le bocche son cucite. Un funzionario, che preferisce anche lui
rimanere anonimo, ci ha fornito però una indicazione sibillina, citando
le Sacre Scritture: "Chiedi e ti sarà dato." (Matteo, 7,7-11). FOrse ha
voluto lasciarci intendere che gli antirazzisti abbiano semplicemente
chiesto il numero privato di Baldacci a qualche suo sottoposto e che
questi, ingenuamente, glilo abbia comunicato. Un’ipotesi piuttosto
inquietante, perchè dimostrerebbe la presenza di un’enorme falla nel
sistema di sicurezza della Croce Rossa. Chiunque avrebbe potuto chidere
e ottenere importanti informazioni, servendosi semplicentemente di un
telefono. A questo punto è lecito chiedersi quante altre informazioni
avranno carpito gli antirazzisti. Sotto casa di chi si
materializzeranno la prossima volta? Nel frattempo la Digos sta
sorvegliando gli obiettivi più plausibili, ma il numero di uomini – e
il loro livello di addestramento – non è assolutamente sufficiente,
come ci ha confermato lo stesso Petronzi. Queste prime settimane di
vita del nuovo Cpt di Torino alla Questura stanno costando un po’
troppo. E nessuno sa indicare una via d’uscita.

"Non ne posso più della scorta"
In esclusiva l’amaro sfogo del colonnello Baldacci

"La mia vita sè diventata un vero inferno", inizia così lo sfogo del
colonnello Antonio Baldacci, all’uscita del nuovo centro polifunzionale
della Croce Rossa Militare di Settimo Torinese. "Per colpa di quei
quattro pazzi ho dovuto cambiare tutti i numeri di telefono. Ma non è
nulla in confronto a quello che sto passando in questi giorni". Si
Lascia subito andare, il colonnello, come per liberarsi da tanti
pensieri trattenuti per giorni. "E’ dal 2 di giugno che gli agenti
della Digos mi scortano ovunque, manco fossi io il criminale. Mi stanno
sempre dietro, anche quando vado al bagno" – confessa il colonnello
senza accennare neanche a un sorriso – "Sinceramente non ne posso più.
Anche la mia famiglia oramai è stanca, sopratutto mia moglie. Non
possiamo avere più nessun momento di intimità. Si figuri che l’atra
sera l’ispettore R., ha preteso di dormire nel letto con noi. Per
difendere la mia incolumità, diceva… E intanto continuava a fumare le
sue puzzolenti Ms".
"I vicini di casa? Quasi nessuno mi saluta più, passano il tempo a
spiarmi da dietro le finestre. Ho saputo che girano strane voci sulla
mia famiglia. Nessuno vuole più entrare a casa nostra, neanche a
prendere un caffè. Gira voce che mettiamo tranquillanti nelle tazzine
degli ospiti."
"E poi diciamola tutta, questa scorta non serve proprio a nulla!" e qui il tono del colonnello si fa quasi rabbioso. "Questa sera [il 6 giugno ndr]"
sono venuto a Settimo per l’inaugurazione di questa nuova struttura.
Durante tutto il viaggio l’ispettore R. mi ha rassicurato, mi ha
garantito che dopo la defaillance di lunedì la situazione era
oramai sotto controllo… E invece, appena arrivati, la prima sopresa.
Una decina di giovani invasati distribuivano volantini contro di me e
contro la Croce Rossa. "Tutto sotto controllo, li teniamo fuori",
continuava a ripetere l’ispettore. Ma proprio mentre stavo presentando
lo spettacolo, ecco che in due salgono sul palco, srotolano uno
striscione, gettano volantini… Il lavoro di mesi rovinato! E poi per
colpa di chi? Per colpa di un tossico marocchino e di un branco di
poliziotti incompetenti che non sono neanche in grado di riconoscere
personaggi che pedinano da anni!
Mi seguono anche in bagno, ma non riescono ad arrestare quattro scansafatiche?"
"Non so come andrà a finire questa storia. Certo, gestire il Cpr
oramai, ci sta procurando solo grane. Ma dobbiamo far quadrare i
bilanci e l’appalto del Centro ci permette il massimo dei guadagni col
minimo sforzo. La nostra immagine è indebolita ma i soldi sono soldi.
Io, di mio, sto pensando ad un pensionamento anticipato. Non sono
portato per fare il direttore di un Cpt: alla mia età, le coronarie non
reggono più certe emozioni."
Lo lasciamo andare, sotto la pioggia, sempre più scuro in volto. Sale
sull’auto della Digos, con gli agenti che lo salutano a testa bassa.

La scheda
Residenza:
Via Riccardo Zandonai, 8
10023 Chieri (TO)

Recapiti telefonici
011.9477685
338.6409971

 

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Torino – Ordigni nei cassonetti

fonte indymedia.ch

Notte del 3/4 marzo 1998

Tre anarchici, Edo, Sole
e Silvano, finiscono in galera accusati di essere terribili terroristi,
lupi grigi che infestano le valli in lotta, a suon di bombe, contro il
tav.
Accusati da pm e giornalisti (ricordiamo tre nomi, li avrete certamente sentiti: Laudi, Tatangelo e lo scribacchino Numa)
Edo ucciso da questi individui, per conto dello stato, il 28 marzo 1998.
E Sole seguirà il suo esempio l’11 luglio 1998.

Sono passati quasi 10 anni.

Chi ha ucciso due compagni è sempre al suo posto.
A fare il pm o il pennivendolo.
E sono di nuovo li a preparare montature.
A infangare la memoria di chi hanno ucciso.

Già, nell’articolo più sotto leggerete di come gli ANARCHICI abbiano
fatto saltare alcune pattumiere. E di come in realtà quelle pentole
esplosive fossero indirizzate alla polizia.
Beh del resto anche quell’infame di Numa si è reso conto di come le due parole polizia/immondizia siano simili.

Un ultimo appunto.
Chi sono i veri terroristi?
Coloro che se scrivono “Lo stato uccide” vengono arrestati.
O quelli che dopo aver infangato la memoria pubblicano in 10000 e passa copie lo schema per costruire future pentole esplosive?

Seguono gli articoli della Stampa

Bombe alla Crocetta nel mirino la Polizia (di Massimo Numa)
Nessun ferito, si segue la pista anarco-insurrezionalista

TORINO
Una trappola mortale per la polizia. Teatro, il quartiere Crocetta.
Neanche una sorpresa assoluta. I Servizi avevano segnalato al Viminale
il pericolo di «azioni imminenti» e da pochi giorni era stata diffusa
una circolare, anche a Torino, che prescrive una serie di nuove misure
precauzionali. Tre bombe, due esplose, la terza no, in rapida sequenza.
E con un obiettivo: colpire gli agenti che stavano accorrendo e i
vigili del fuoco. I più esposti ai pericoli, assieme agli artificieri.
Volevano uccidere. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto
Maurizio Laudi, puntano su quello sparuto gruppo di
anarchici-insurrezionalisti che – in questo modo – volevano forse
celebrare il nono anniversario dell’arresto di Sole e Baleno, compagni
di guerriglia arrestati nove anni, esattamente il 5 marzo 1998, e morti
suicidi.
Alle 4,25 la prima esplosione. Corso Trento, civico 11. Un boato scuote
l’isola pedonale della Crocetta. Le luci delle case si accendono, una
dopo l’altra. Molti aprono le finestre. C’è un cassonetto dei rifiuti
sventrato da una bomba. Due testimoni avrebbero visto qualcosa di
«utile» all’indagine. Oggi saranno di nuovo risentiti. Avevano notato
persone a bordo di un’auto sospetta. Poi ci sono le tracce di sangue,
trovate nella toilette di un bar di corso Einaudi, vicino alla
postazione dei taxi, che resta aperto tutta la notte. Un attentatore
s’è ferito? «Abbiamo fatto i rilievi. Vedremo», taglia corto la Digos.
Già acquisite le immagini riprese dalle videocamere della zona, specie
in corso Einaudi.
Frammenti dappertutto, schegge metalliche dalle dimensioni di un
proiettile. Anche a distanza di decine di metri. Fumo. Che il clima
politico sia teso, non è un mistero: da cinque giorni era stata
consegnata la circolare del ministero degli Interni, dopo le ultime
segnalazioni dell’Intelligence: attenzione ad avvicinarsi agli
obiettivi sensibili; quando viene segnalata la presenza di ordigni o di
persone sospette. Un invito ad essere più cauti e più attenti.
Profetica, quella circolare. Passano pochi minuti, quando già nel
silenzio si sentono le sirene delle volanti del 113, altra esplosione.
Ancora più violenta. Sono le 4,29 in corso Einaudi, angolo corso
Govone. Il frastuono, questa volta, è fortissimo. L’onda d’urto scuote
con violenza i vetri, almeno sino al terzo piano. Il contenitore dei
rifiuti non esiste più. Polverizzato: schegge di plastica e di metallo,
cioè parti del telaio, volano nell’aria, ad altezza d’uomo. Fiamme e
fumo. Gli agenti sono già in corso Trento, stanno cercando di capire
cosa succede. Arriva anche la prima pattuglia della Digos. Un’altra
manciata di secondi. Alle 4,35, in via Arimondi 5, all’interno
dell’isola, una grossa fiammata fonde le pareti del cassenotto; brucia
con violenza la polvere da cava. Niente esplosione. Una nuvola nera si
alza lentamente. Adesso è chiaro: tre esplosioni, due intense, una
quasi abortita, in rapida e studiata sequenza, una trappola costruita
per i poliziotti, o i carabinieri, i primi ad arrivare. «Sicuramente
volevano far male – dice, a caldo, il questore vicario Spartaco Mortola
– è presto per trarre conclusioni sugli autori, ma questo sembra un
copione già visto». Cioè la cosiddetta tecnica della «pentola a
pressione», indubbia specialità degli artificieri dell’area informale
che si riconoscono nella Fai, acronimo appunto della Federazione
Anarchica Informale. Che ci fosse tensione nell’aria, era un fatto
acquisito: il 5 marzo non è una data qualunque.
Erano stati arrestati, in quel giorno di marzo del 1998, Edoardo
Massari, 38 anni; Silvano Pelissero, 47 anni e Maria Soledad Rosas, 24
anni, argentina di Buenos Aires. Sono tre anarchici. Massari (Baleno) e
Maria Soledad (Sole) da lì a poco moriranno suicidi. Il primo in
carcere; la seconda nella comunità dove era detenuta. Un appuntamento
simbolico per gli anarco-insurrezionalisi torinesi. Forse per questo e
anche altro (l’assassinio di Raciti a Catania, le tensioni per la base
Usa di Vicenza, gli attacchi ai Cpt di Bologna e Firenze, persino la
guerriglia di Copenaghen, dove sono rimasti coinvolti numerosi
italiani), il ministero degli Interni aveva diffuso una circolare, da
pochi giorni anche a Torino, dove si invitano gli agenti ad avere
particolari precauzioni durante una serie di interventi. Soprattutto
quelli in cui vengono segnalati ordigni. La tecnica dell’L’inchiesta,
coordinata dal capo della Digos di Torino, Giuseppe Petronzi, parte
dalle analisi della Scientifica. Sull’ordigno inesploso potrebbero
esserci indizi «importanti». Impronte, tracce biologiche da cui
ricavare il dna, e la comparazione con i frammenti di altri ordigni,
per esempio quelli esplosi a Fossano, il 2 giugno 2006, davanti alla
caserma degli carabinieri. Stessa tecnica, stesso tipo di esplosivo,
una sola differenza: gli involucri, programmati per esplodere a pochi
minuti di distanza l’uno dall’altro, contenevano chiodi e bulloni.
Quelli della «Crocetta» no. Dice il procuratore capo, Marcello
Maddalena: «E’ un fatto molto grave. L’ ipotesi più verosimile è che si
tratti di azioni dimostrative di un gruppo anarco-insurrezionalista.
Non c’è ancora una rivendicazione. Per la potenzialità degli ordigni
aspettiamo le perizie».
La giornata si chiude con una i falsi allarmi. Uno anche alla
«Crocetta». Due ragazzi gettano un forno elettrico in un cassanetto.
Scambiati subito per terroristi.

Il secondo

Rivendicati gli ordigni nei cassonetti
Una lettera arrivata ai quotidiani «La Stampa» e «Torino Cronaca»
e firmata Fai Rat. Sono stati rivendicati così i tre ordigni che hanno
fatto esplodere ieri all’alba a Torino altrettanti cassonetti

Con una lettera giunta ai quotidiani «Torino Cronaca» e «La
Stampa» il gruppo anarco-insurrezionalista «Fai Rat» ha rivendicato l’
attentato di ieri mattina nel quartiere torinese della Crocetta, dove
sono stati fatti esplodere tre rudimentali ordigni posti in altrettanti
cassonetti dell’ immondizia.

Nello scritto si precisa che la zona è stata scelta perchè
abitata dalla buona borghesia torinese e quindi da quelli che sono
definiti gli «sfruttatori», si chiede la chiusura del Centro di
permanenza temporanea (Cpt) di Torino e si afferma che l’ attentato è
la «terza fase della Campagna fai da te».
Gli inquirenti ritengono la rivendicazione attendibile. La stessa sigla
anarco-insurrezionalista si era attribuita l’ invio di un pacco bomba,
il 3 luglio scorso, al direttore del quotidiano «Torino Cronaca», Beppe
Fossati, che era rimasto lievemente ferito.

La busta arrivata a La Stampa, affrancata con posta prioritaria,
è stata aperta dal cronista Massimo Numa. «Inizia la terza fase – si
legge – della campagna Fai da te con una serie di esplosioni fra i
viali della Crocetta. Abbiamo scelto la Crocetta perchè quartiere di
elezione degli sfruttatori e dei potenti dove non sorgono carceri o
centri di detenzione. Abbiamo portato la guerra fra gli sfruttatori.
Abbiamo programmato esplosioni di notte. Le prossime, se il Cpt non
chiuderà, di giorno. Così la Croce Rossa potrà raccogliere nel gruppo
di privilegiati piuttosto che contribuire alla repressione degli
sfruttati».

La missiva termina con la seguente esortazione: «Chiudere il Cpt,
libertà agli oppressi, morte agli sfruttatori per l’ anarchia e la
rivoluzione sociale». La firma è Rat Fai (in precedenti episodi
comparsa nella versione Fai Rat) e significa «Rivolta anonima tremenda»
e «Federazione anarchica informale». Alla rivendicazione sono stati
allegati anche dei documenti. Uno, secondo quanto si è appreso,
ricostruisce la storia e la finalità del gruppo individuato come
Federazione anarchica informale.

Dice Massimo Numa: «E’ un documento articolato, c’è una prima
parte che riguarda la rivendicazione vera e propria, e una seconda,
tutta da valutare, che riguarda gli attentati compiuti dagli anarchici
dal 2002 ad oggi e rivela particolari noti solo agli autori.»

Leggete i quotidiani a Torino! Leggeteli!
E smettete di pensare! O finirete uccisi!

Un ribelle

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“Il sito di una coop di Ltf oscurato da una stella Br”

fonte indymedia 

(si vede foto del sito oscurato)

"E’ la notte tra il 30 Novembre e il 1 Dicembre. "Hackerato il sito
della CMC", annuncia trionfalmente Indymedia. Compare, alle 1.01, il pos
siglato da "Alekos", un nickname che nasconde un soggetto molto
ricorrente sui siti anarchici: "Da qualche tempo il sito della CMC
(Cooperativa Muratori e Cementisti, che ha il compito di eseguire i
primi sondaggi in Val Susa, ndr) non funziona molto bene.."
In un altro messaggio, un anarchico che utilizza una "A" come nickname,
lancia l’immagine dello screenshot, cioè la schermata "imposta" per
quasi 24 ore al sito della CMC; al centro la scritta No Tav, separata da
una stella rossa a cinque punte, simile a quella comparsa su un
volantino che teorizzava la lotta armata in Val Susa contro l’alta
velocità, scoperto 24 ore prima che i carabinieri trovassero un ordigno
(vero) al km 56 della Statale. Il testo: NO TAV Solidarietà al popolo
della Val Susa. No alla militarizzazione della valle; no alla
devastazione ambientale; no ai cantieri della morte". E ancora: "Fuori
la polizia dalla Val Susa; No pasaran!". Infine: "Ricordando Sole e
Baleno", cioè i due anarchici suicidi in cella, alla fine degli Anni
’90, nell’ambito di un’inchiesta sugli attentati dinamitardi. Dunque, la
rivendicazione degli anarco-insurrezionalisti torinesi.
Segue un’analisi politica sul ruolo della CMC di Ravenna. Inquietante la
fine del documento: vi compaiono nomi e ruoli di tutti i responsabili,
manager e amministratori, trasformandoli così in possibili target:
"…Ravenna implicata in altre grandi infamie, adesso il Tav in Val
Susa, il ponte sullo stretto..lo sviluppismo riformista è criminale,
porta a distruggere la vita, le acque dei fiumi e delle lagune, le
società e tuto a vantaggio di un pugno di privilegiati, gli odierni
agrari della finanza".
Il blitz degli hacker era stato preceduto da un’altra minaccia, ancora
una volta annunciata su Indymedia: un’operazione di netstrike, cioè
occupare e disarticolare il sito del "nemico", in questo caso la CMC.
Sul sito http://www.netstrike.it, ci sono le istruzioni dell’uso.
Primo, scegliere un bersaglio significativo per le rivendicazioni per
cui il netstrike è stato indetto; redigere un appello, possibilmente in
più lingue da far circolare un ovunque, con ora e data del netstrike;
sito ber…Navigare molto estesamente il sito bersaglio per
individuare…motori di ricerca (parecchio onerosi per la CPU della
macchina bersaglio)..Pagine particolarmente leggere per consentire un
alto numero di richieste successive della stessa pagina"
A proposito di Indymedia.
Domenica 20 novembre, stranamente a Pinerolo, a un passo dai siti
olimpici, s’è tenuto un vertice per organizzatre una campagna di
informazione dedicata al Tav e alle Olimpiadi. Digo e carabinieri hanno
seguito con attenzione i lavori e identificato i partecipanti alla
sessione. Tema: "A un anno di distanza dall’ultimo incontro, indymedia
piemunt si dà di nuovo appuntamento per discutere di cosa fare e di come
farlo, per fare il punto della situazione in una città e in una regione
via via sempre più sfruttata, svenduta e militarizzata".
All’ordine del giorno, tra l’altro, il "dossier olimpiadi e repressione
olimpica". Sugli obiettiv da colpire, vale la mappa scoperta tre mesi fa
dalla Digos di Torino, dove erano stati individuati dagli
anarchici-insurrezionalisti tutti i target. Le analisi politiche sulle
ragioni della lotta, e sul ruolo dei soggetti (sponsor, banche,
amministrazioni) sono contenute sul sito http://www.nolimpiadi.8m.com"
Massimo Numa

 


Dal sito noolimpiadi

 

* 5 dicembre 2005. Dopo averci trascurati per 8 anni, La Stampa
scopre improvvisamente il Comitato Nolimpiadi!, pubblicando addirittura
l’indirizzo di questo sito internet. Ma lo fa a modo suo: spiegando che
qui sarebbero contenute "le analisi politiche sulle ragioni della
lotta" alle olimpiadi. Il tutto all’interno di un articolo dal titolo
"Il sito di una coop di Ltf oscurato da una stella BR" nel quale si
parla di agguati telematici, ordigni esplosivi, rivendicazioni anarco
insurrezionaliste, minacce. Lo firma Massimo Numa, con ogni probabilità
il giornalista della carta stampata più detestato nel vastissimo mondo
torinese "non allineato". Allora un paio di precisazioni. Primo, questo
sito cita fatti, documenti, numeri. Ricorda scandali e denuncia truffe,
ma non esprime analisi politiche. Quantomeno, se così vengono
interpretate, non è il nostro intento. Secondo, il sito contiene i
nostri punti di vista contro le c.d. olimpiadi e non ci siamo mai
arrogati il diritto di parlar per altri: a Torino e in Italia si è
finalmente diffusa una vasta e differenziata cultura antiolimpica e
sarebbe molto limitativo pensare che sia un solo sito internet a
comunicarne i motivi. Ne approfittiamo per ricordare che il nostro
pensiero è rigorosamente antifascista, antixenofobo e antirazzista.
Terzo, ma solo per una nota di colore: come abbiamo visto l’articolo
parla di "una stella BR" che oscurava il sito della CMC. A fianco del
titolo c’è l’immagine del sito "colpito" nella quale si vede benissimo
che la stella non è affatto quella delle BR (asimmetrica, fatta solo di
linee, cerchiata) ma una normale stella, interamente colorata,
simmetrica…senza cerchio. Un simbolo totalmente diverso. Non c’entra
niente. Senza dimenticare che Stella Rossa si chiama ancora oggi la
squadra di calcio di Belgrado e che così si chiamava una famosa brigata
partigiana italiana. Chi è allora, come dice Pisanu, che può essere
intenzionato incendiare a Torino le "miscele esplosive"? I pacifici
oppositori della TAV e delle olimpiadi, o i giornalisti che si
taroccano le parole inventandosi simboli terroristici? Secondo noi, i
secondi.

 

 

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Minacce di querela da parte di Massimo Numa

fonte tuttosquat

In data 5/6/2007, “Numa Massimo” ha scritto:

In relazione alla Vs. cortese comunicazione

Rispondo quanto segue

1 – la cronaca di un’occupazione illegale deve contenere i dati essenziali.

2 – l’uso delle vernici può piacere o non piacere. A molti non piace

3 – I “concerti”, se così volete proprio definirli, danno fastidio ai
residenti, quantomeno ad alcuni. Se non ci saranno, tanto meglio (per i
residenti)

4 – chi occupa illegalmente, deve poi aspettarsi lo sgombero.

5 – non sono nazi-fascista ma, cmq, non sono affari Vostri. Alla
prossima, così la smettiamo una volta per tutte, Vi stampo una querela
più una causa civile. Non escludo di presentarla, comunque, già sin
d’ora.

6 – Se qualcuno Vi cerca, è un po’ difficile che non Vi trovi. Con
quelle fiamme rosse, le tute rosse, gli striscioni, Schizzo che sembra
un puffo rosso, etc etc. Che c’entrano i media? Provate ad occupare un
sotterraneo, così non Vi vede nessuno.

7 – Sarebbe bello se, le mail, fossero seguite da nomi e cognomi. Io
non ho alcun timore a firmare. O nascondersi dietro una tastiera è
meglio?

Cordiali saluti

massimo numa

 


Le calunnie e le speranze scritte da Massimo Numa

Riecco. Massimo Numa… Ma non se ne era mai andato…
Ecco qui l’articolo pieno di menzogne , calunnie e le sue personali
speranze, fatte di sgomberi delle case e tentare con i suoi pessimi e
volgari articoli di creare “lo squatters” come il nemico del
quartiere, cosa questa si VERAMENTE FALSA!

Ieri Domenica tre Giugno durante il secondo giorno di occupazione
ci sono stati molti contatti positivi con la gente del quartiere i quali
ci stanno facendo tutta una serie di complimenti per il nuovo colore che
è stato dato ai muri…Dimostreremo con foto com’era il posto e come è
adesso dimostrando Che Massimo Numa E’ IL SOLITO NAZI FASCISTA BUGIARDO!
saluti

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Lettera aperta a tutti gli Indyani

da indymedia – a firma, non comprovata di Massimo Numa

Ciao a tutti, mi chiamo Massimo Numa e – non so nemmeno io perchè –
sono un noto giornalista de "La Stampa". Nella vita ho un sogno:
diventare un martire.
Per questo motivo da anni mi arrabatto per tirare più merda possibile
su tutte le aree laddove qualcuno – infastidito dalle mie menzogne e
dal mio sarcasmo – possa un giorno decidere di darmi le botte.
Squatters, autonomi, ultras: ci sarà prima o poi qualcuno che si sarà
talmente rotto il cazzo di me da passare alle vie di fatto ed aprirmi
cosi’ la strada verso l’immolazione sull’altare della libera
informazione! Non nascondo una certa invidia nei confronti di Daniele
Genco…ma si sa, quelli erano tempi d’oro, gli anarchici cadevano come
foglie e li si’ che si facevano gli scoop…

Per farmi
notare, ne ho combinate di tutte i colori…ad esempio una volta ho
fatto finta di essere un uomo disperato con la madre in fin di vita e,
con un registratore nascosto, sono andato a chiedere a quelli di Exit
Italia se, a questa mia povera madre, potevano darle loro una
spintarella verso l’aldilà, organizzandole un viaggio in Olanda dove
l’eutanasia è legale. Mi sono fatto beccare come un pirla e poi sul
giornale con sta storia ho combinato un casino, scrivendo una marea di
cazzate e facendo passare i guai a un sacco di poveri cristi… ma
niente, alla fine tutti si sono scordati di me…mi avessero almeno
picchiato! Nisba.

Poi, in un momento di ispirazione, mi sono
messo d’accordo con uno che aveva bisogno di quattro lire ed insieme
abbiamo inscenato un bel dramma da impacchettare ed inviare a Studio
Aperto: lui faceva quello che si voleva suicidare buttandosi nel Po, e
io l’eroe che interveniva e lo salvava. Com’ero figo in TV con i miei
occhiali da sole… ma anche qui, sono gioie passate…solo a pensarci
mi viene il magone…

Da allora, ho preferito tornare alla mia
occupazione preferita: far girare i coglioni a tutti quelli che mi
sorpassano a sinistra – infatti, benchè sia noto in quelle aree come
un"informatore di naziskin", in realtà sono e rimango fedele ai miei DS
– senza NEMMENO ALZARE IL CULO, ma rimanendo qui, a casa mia,
spulciando semplicemente Indymedia sorseggiando un tazzone di latte al
mattino. E cosi’, dato che il mio giornale mi da’ carta bianca, mi sono
divertito a creare collegamenti tra BR, autonomi,
anarco-insurrezionalisti, pellisseri, bombaroli, mediattivisti, pirati
informatici, misteriosi gruppi eversivi…(il tutto ovviamente in
collaborazione col mio amichetto Laudi e sulla scia delle manie di
persecuzione di Pisanu)…eccheccazzo, la pazienza avrà un limite! Prima
o poi ste botte me le daranno!!! O dovrò forse arrivare al punto di
entrare in qualche centro sociale o di infilarmi dentro qualche
manifestazione ad insultarvi con addosso il cartellino con il mio nome
in stampatello? Oppure dovrò disegnarmi un occhio nero, mettermi un
collare e fasciarmi, facendo finta di essere stato pestato? Devo
proprio fare tutto da solo? Cioè, voglio dire, un minimo di
organizzazione, di inziativa… venitemi a cercare, fate sto
sforzo…datemi almeno fuoco alla casa, ma fate qualcosa, FATE PARLARE
DI ME!! Ci ho pensato tutta la notte a come darvi dei brigatisti – dai,
quella della stella rossa non era geniale? – puttana eva, almeno
APPREZZATE LO SFORZO!!

Bah, ingrati…

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VERGOGNA La Stampa!!

fonte indymedia


AQUABOMBER, plichi esplosivi, collegamenti tra anarchici e Brigate
Rosse, l’annunciata offensiva contro le carceri. Ripartono anche da
Torino le indagini sul complesso arcipelago degli
anarcoinsurrezionalisti che, secondo la denuncia del ministro degli
Interni Pisanu, hanno da qualche tempo stabilito legami operativi con
le nuove Brigate Rosse. Indagini difficili, perché le varie formazioni
si muovono in modo autonomo l’una dall’altra. Niente piramide
gerarchica, nessun ruolo definito. Ma proprio a Torino iniziarono alla
fine del 2003 i primi e sistematici attacchi al sistema carcerario,
oggi considerato l’obiettivo più probabile, dopo gli organismi europei
e i politici, di plichi esplosivi ed altro. Prova generale dal 9 all’11
ottobre 2003, con una «tre giorni» di dibattiti, e anche una serie di
raid, alcuni di un certo rilievo per la scelta dell’obiettivo, portati
a termine da militanti provenienti da tutta Italia, Bologna compresa,
ora considerata la «capitale» dei gruppi terroristi più organizzati e
pericolosi. Nelle sede di un centro sociale si ritrovarono così un
centinaio di militanti di varie formazioni anarchiche, italiani ed
europei per promuovere una teoria di manifestazioni contro il carcere,
al termine di un tour europeo. Titolo: «Scateniamoci». Pensiero e
azione, perché, proprio in quelle ore, cinque anarchici e un ex
redattore della rivista «Controinformazione», legata alle Brigate
Rosse, vennero arrestati dalla Digos con l’accusa di danneggiamento
aggravato e violenza privata. Furono presi di mira la sede di un master
in criminologia, gli uffici della Rai, un ipermarket Ikea e una clinica
psichiatrica. Ora, dopo gli ultimi attentati terroristici,
quell’episodio non troppo lontano nel tempo potrebbe diventare uno dei
punti di partenza per individuare persone e collegamenti tra le
organizzazioni politiche di estrema sinistra che hanno scelto la strada
dell’illegalità. «Le persone che si sono ritrovate ad ottobre a Torino
– spiegano i vertici dell’Antiterrorismo che da Roma coordinano le
indagini – circa un centinaio, sono soggetti che oggi potremmo definire
interessanti, sia per le aree di provenienza che per quanto accadde
immediatamente dopo nel Nord e nel Centro Sud». Dunque una specie di
convention, atto fondante di un programma eversivo? Particolare:
l’individuazione delle carceri tra gli obiettivi «da abbattere», nel
mirino come i grandi centri di distribuzione, l’Ikea per esempio. Il
collegamento con l’avvelenamento dell’acqua avvenuto dentro gli
ipermarket del Nord, è sin troppo facile, visto con il senno di poi. Ma
le analisi, il lessico, sono gli stessi, le conclusioni pure. Infine,
l’inquietante presenza tra gli anarco-insurrezionalisti torinesi, di
Ermanno Gallo, 55 anni. «Nato nel 1948 – è scritto sulle note
introduttive del libro «Il carcere immateriale», un testo drammatico
sulla condizione carceraria – laureato in filosofia estetica, ha svolto
un’intensa attività pubblicistica in diverse riviste dell’area
alternativa». Tanto intensa da costare a Gallo, che «vive tra Torino e
Parigi, autore di numerosi saggi e studi», nel ‘75, l’arresto e,
dall’82 all’85, la latitanza a Parigi. La rivista era
«Controinformazione», considerata il megafono delle vecchie Brigate
Rosse. Il primo «obiettivo», il 10 ottobre, fu la scuola di formazione
internazionale Bit, forse il più interessante. Il centro ospitava un
master di criminologia a cui partecipa anche il procuratore aggiunto di
Torino Maurizio Laudi, che indagò a fondo tra gli anarchici piemontesi,
sospettati di aver organizzato attentati esplosivi. Due giovani, Edo e
Soledad, arrestati, si suicidarono in carcere fra il ‘97 e il ‘98.
Questo il comunicato, che spiega a fondo le ragioni dell’azione: «Nel
pomeriggio è stata compiuta una azione contro il Bit, in via Maestri
del Lavoro a Torino, dove hanno sede l’Unicri, Agenzia delle Nazioni
Unite per la lotta al crimine e, dal 2003, anche la scuola post
universitaria di "Master in Criminologia e Politiche Criminali"».
L’analisi: «L’attività di coordinamento e studio svolta dall’Unicri a
livello mondiale si inserisce in una logica coercitiva globale, che
tende a unire gli sforzi delle diverse polizie nazionali per una
migliore collaborazione ed efficacia dell’opera repressiva: dalla
criminalità comune sino alla lotta ai "crimini politici". In questo
contesto, in collaborazione con l’Università di Torino, magistrati,
superpoliziotti ed altri esperti di teorie e pratiche anti-crimine,
avranno la possibilità di insegnare ai futuri "quadri" della gerarchia
sbirresca le loro esperienze». Secondo obiettivo: l’Ikea e la Rai,
accusati di sfruttare i detenuti come manodopera a basso costo,
impiegandoli nella compilazione dei documenti per il pagamento del
canone. Terzo target: «Villa Cristina», una clinica strettamente
collegata al carcere delle Vallette. E’ diretta da Remo Urani, che –
non a caso – dirige il servizio sanitario di tutto il carcere e che il
4 gennaio scorso ha denunciato che qualcuno si era introdotto nel suo
condominio lasciando slogan scritti con vernice nera: «Ammazziamo le
carceri». Il documento di rivendicazione: «…Una ventina di persone si
sono introdotte del magazzino di arredamenti Ikea. La società svedese
fa produrre i propri articoli di arredamento a detenuti, sfruttando la
mano d’opera a basso costo. L’azione è durata una ventina di minuti,
mentre una parte delle persone si sono divertite a imbrattare di colore
i mobili in esposizione, gettando fiale e polveri urticanti, altri
hanno attaccato uno striscione sulla facciata principale dell’immobile,
con su scritto: "I mobili di Ikea sono fatti sfruttando i
prigionieri"». Infine la Rai. Perché? Lo spiegano gli
anarco-insurrezionalisti: «All’interno di alcune carceri italiane, tra
le quali le Vallette di Torino, sono stati creati dei "Centri Servizi
Informatici" che forniscono a prezzi stracciati l’elaborazione e la
creazione di archivi elettronici. La gestione del personale, ovvero dei
detenuti comunque sempre costretti tra le mura delle prigioni, è
affidata alle cooperative sociali. La cooperativa in questione a Torino
è l’Eta Beta, che vede tra i suoi fondatori proprio ex-detenuti…Gli
strumenti di lavoro sono forniti dalla multinazionale Getronics, legata
tra l’altro a doppio filo con la distribuzione di programmi a pagamento
della Microsoft. Ma volete un esempio di cosa sono costretti a fare i
prigionieri che lavorano nei "Centri Servizi Informatici"? Ci devono
controllare. Devono schedare i nomi degli abbonati Rai potenziali e
reali, verificare la posta ricevuta dalla Tv di Stato e archiviare i
dati di chi paga i bollettini del canone tv, ma di conseguenza anche di
coloro che non pagano». L’auto usata per «l’azione» fu rintracciata
dalla Digos parcheggiata poco distante dal Centro sociale Askatasuna.
Furono fermati Sara Pantoli, 23 anni di Bologna, Maya Husejic, 22 di
Forlì, Roberto Riccioni, 23 anni, Santa Croce sull’Arno, e Giuseppe
Conversano, 25 anni, di Torino. E con loro anche Ermanno Gallo. La
reazione del movimento fu dura. «A Torino si sta svolgendo, nonostante
i controlli della polizia, una tre giorni di iniziative contro la
società carceraria che riprende analoghi dibattiti ed azioni avvenute
in altre città europee. Gli arresti vengono definiti «un atto brutale,
rispetto al valore semplicemente dimostrativo della protesta».
Osservarono, ad ottobre, i militanti di Fenix, oggetto tra l’altro,
nella notte tra il 26 e il 27 dicembre, di uno strano raid vandalico.
Strano, perché «i ladri» si sono impadroniti di un paio di computer e
poco altro, trascurando oggetti costosi e soldi, così come era accaduto
anche nella sede torinese dei Cobas. Qui, addirittura, erano stati
prelevati «solo» gli hard disc dei terminali. Tutti i fermati, i
presunti autori dell’azione Ikea-clinica-Rai, compreso Ermanno Gallo,
furono rilasciati il 12 ottobre, il giorno dopo l’arresto. Per alcuni,
solo l’obbligo di firma quotidiana in questura e l’obbligo di
residenza.

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Azione di disturbo presso “La Stampa”

fonte tuttosquat 

Questa sera verso le ore 17.30 una trentina di entusiasti si sono
presentati al salone abbonamenti de La Stampa per "sottoscrivere" un
abbonamento al giornale torinese a nome di Massimo Numa, il giornalista
autore di due articoli comparsi in cronaca cittadina e nazionale negli
scorsi giorni, articoli palesemente frutto di veline della polizia e che
preparano il terreno per le prossime ondate repressive contro gli
anarchici e le occupazioni cittadine
.
L’iniziativa era annunciata, percio’ davanti al salone la questura
torinese ha schierato celerini e carabinieri.
Inutilmente perche’ la gente e’ riuscita comunque ad entrare e a
bloccare lo sportello degli abbonamenti fino all’ora di chiusura.
Non solo ma chi passeggiava in centro, alla notizia che La Stampa
offriva abbonamenti gratuiti a nome del giornalista si e’ subito messa
in coda creando ancora piu’ confusione. Una prima iniziativa contro
l’organo di informazione piu’ diffuso in citta’ e che contribuisce ad
enfatizzare le manovre repressive della questura. Nei prossimi giorni ci saranno altre novita’ e altre iniziative.
La mail del giornalista in questione e’ massimo.numa@lastampa.it
potete scrivere a lui direttamente le vostre considerazioni, lui non si
e’ fatto nessun problema a mettere per iscritto nomi e cognomi di chi
e’ stato fermato durante la tre giorni torinese "scateniamoci", non
solo ma ha cucito asddosso ai fermati una gran serie di menzogne.

     

 

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Massimo Numa – Informazione Scorretta

I modi con cui il giornale La Stampa di Torino
cerca di sovrapporre l’immagine dei nuovi brigatisti, arrestati in questi
giorni, al movimento popolare di protesta contro il progetto di alta velocità
ferroviaria in valle di Susa, rappresentano un esempio, da manuale, di
disinformazione. La differenza di comportamento rispetto ad altri quotidiani
sembra riconducibile, purtroppo, al ruolo del presidente della società editrice
come grande promotore della Torino-Lyon: una voce importante, dunque, del
composito schieramento di poteri che stanno dietro la politica delle grandi
opere. Per anni chi non ha avuto altra fonte se non il giornale ha acquisito
dell’intera vicenda una visione, distorta e ridicola, di scontro tra il
progresso e l’oscurantismo.

 

Tuttavia, in questi giorni è stato fatto un passo
ulteriore. La confusa storia dei nuovi brigatisti  -a metà sopravvissuti, per quel che sembra di capire, di una
linea (la formazione del partito proletario combattente) che da un quarto di
secolo non è più presente, neppure sottotraccia, in alcuna sede di dibattito, a
metà appartenenti alla delinquenza comune- ha offerto al giornale il destro per
una operazione di suggestione dei lettori, portata avanti con tecniche che si
possono definire come un fotomontaggio più elaborato di quello classico.

Non
potendo sostenere che i brigatisti abbiano infiltrato il movimento di protesta,
La Stampa titola nell’edizione del 14 febbraio, e su cinque colonne,
unico giornale al mondo “BR: un modello
la lotta no-Tav
facendo riferimento, a giudicare dall’articolo
di Susanna Marzolla e da quello di Massimo Numa in cronaca cittadina, al fatto
che gli aspiranti brigatisti avrebbero scritto su un giornale clandestino,
letto solo da loro (circa quindici) e dalla Digos, che in valle di Susa si è
verificata “una forma di lotta che ha
riscoperto il valore della salute
”, più altre due o tre banalità
roboanti del tipo “le dinamiche che
spazzano via l‘intermediazione istituzionale
” ecc. Poco vale che il
giorno dopo, nel quotidiano del 15 febbraio, la riposta redazionale alle molte
lettere di protesta che esprimono la nostra stessa preoccupazione, sostenga che
“resta il fatto” che il giornaletto “L’Aurora” cita la lotta no-Tav: sia perché
un movimento non può essere contaminato dagli estranei che esprimono interesse,
sia perché diverse sono le responsabilità di un ciclostilato che -come già
detto- raggiunge qualche decina di persone e un quotidiano che è letto da
centinaia di migliaia.

 

Del
movimento di protesta della valle di Susa si sono occupati i mezzi di
informazione di buona parte di Europa, tutti i politici in cerca di voti e gli
ex di qualsiasi tipo in cerca di rilancio, i servizi segreti italiani, e non
sappiamo chi altri ancora. Da aderenti, o simpatizzanti, del movimento
valsusino, siamo colpiti dal fatto di essere stati oggetto di studio anche da
parte di Alfredo Davanzo e Vincenzo Sisi, di cui non avevamo mai udito fino a
ieri parlare; ma non possiamo che rimanere perplessi della circostanza che
questi due abbiano impiegato il loro tempo a studiare, come sottolinea il
giornale, “i no-Tav come modello di
organizzazione”.
Perché delle due l’una: o il giornale di Torino
è disposto a scrivere di tutto pur di nominare, e stampare nella mente dei suoi
lettori, la sigla no-Tav in un contesto negativo, o gli aspiranti brigatisti
vivevano in un perenne stato di confusione mentale.

 

Pochi
movimenti politici sono stati più alieni e ostili di quello valsusino alla sola
idea del partito, figurarsi di quello di stampo marxista-leninista, con la sua
linea di comando e la gerarchia che ne deriva. Né ha avuto alcun ruolo nella
genesi del movimento di protesta la convinzione che spetti a una particolare
sezione del mondo del lavoro, l’operaio di fabbrica, pur rispettato per la sua
fatica, il compito di liberare l’umanità intera. Il movimento No-Tav, come lo
chiama La Stampa, ha come sua prerogativa il non avere alcuna gerarchia
prestabilita; quindi, secondo gli schemi della sinistra storica, nessuna
organizzazione.

Proprio
per questo è difficile che serva da bacino di reclutamento per una formazione
marxista-leninista; rispetto alla cultura dominante in quei gruppi, il
movimento valsusino costituisce una discontinuità netta. Il giornale vuole
suggerire esattamente l’opposto, e poiché non ha alcun elemento per sostenerlo,
riporta in cronaca cittadina le parole del vicequestore Petronzi, il quale
esclude “tassativamente” una
contaminazione tra il movimento No-Tav e le Brigate Rosse –“non c’è nessun indizio che vada in questa
direzione
”– anche se ripete la notizia che “i brigatisti hanno studiato
con estrema attenzione ogni fase della
protesta contro la Tav in Val Susa. Per loro ha costituito un modello
.

 

Il
fatto che il giornalista Massimo Numa, a virgolette chiuse, aggiunga una frase
retta sintatticamente dall’ultimo verbo usato da Petronzi (“e anche un humus favorevole al
proselitismo”)
come se questa fosse un’aggiunta o un secondo
pensiero del vicequestore, è qualcosa che va sotto il segno della
manipolazione della notizia. Eseguita con quel tanto di mestiere da evitare la
smentita -le virgolette che salvano-, ma non per questo apprezzabile. Verrebbe
voglia di domandare a Numa quali, tra gli arrestati, sia stato allevato nell’humus valsusino, ma non si riceverebbe
risposta. Del resto, proseguendo nella strategia della confusione, dopo un paio
di pagine, lo stesso giornalista ci informa con un titolo a tre colonne che i neobrigatisti erano affascinati dai no-Tav”,
salvo poi scrivere nel testo che gli ideologi di Seconda Posizione “non si sono infiltrati nel movimento”
ma hanno partecipato in prima persona a tutto il ciclo delle manifestazioni,
nella veste di “osservatori”.

In
altre parole, qualcuno di loro è stato nel mezzo di cortei di decine di
migliaia di persone, senza aprire bocca e senza prendere iniziative: osservava.
Speriamo che a nessun aspirante brigatista sia venuto in mente di confondersi
con qualche banda di assatanati delle curve, durante una partita di calcio,
altrimenti il legame tra i no-Tav e gli assassini di Catania sarebbe cosa
fatta, per la proprietà transitiva.

 

Infine
l’argomento è ripreso, nella forma astuta della domanda anonima –“qualcuno sostiene che...”-
nell’intervista a Marco Revelli. L’intervistato smentisce con fastidio, ma la
sovrapposizione è compiuta. Potremmo andare avanti, ma non ne vale la pena. Le
tecniche di manipolazione dell’immagine sono note, sia nella vendita di un
prodotto, sia nella propaganda politica; sull’argomento sono stati scritti
buoni libri (tra gli altri, proprio sul tema Tav, uno del prof. Calafati
dell’Università di Ancona).

 

Un
aspetto in particolare ferisce nella campagna recente della Stampa:
chiunque sappia leggere non può che rimanere colpito dal modo strumentale con
cui è costruita la notizia, dalla assenza di fatti che dovrebbero sostenere il
messaggio che si vuole trasmettere. Per assumere un atteggiamento simile,
occorre contare su una complicità diffusa molto forte, che in genere accompagna
il linciaggio di una minoranza, ritenuta pericolosa, o di una popolazione
straniera. E’ proprio della propaganda di guerra l’accostamento sistematico, e
irrazionale, di un gruppo esterno a qualche rappresentazione terrifica e
ripugnante; serve a creare l’idea del nemico, una maschera di comodo la cui
presunta ferocia giustifica la propria.

 

La novità è che la tecnica di demonizzazione è ora
applicata a una parte dei cittadini italiani: è un confine pericoloso quello
che stiamo attraversando, e non abbiamo un’idea di dove questa deriva possa
portare.

I promotori della politica delle grandi opere hanno perso
il senso del limite. Farebbero bene a riacquistarlo, ed è bene che i giornali
pubblichino le lettere di quanti, in valle di Susa o a Vicenza, vogliono
esporre le proprie ragioni, invece di deturparne l’immagine. E’ vero che in
realtà questi gruppi non possiedono kalashnikov, ma l’ostinazione delle persone
miti può essere molto dura da superare, forse più resistente di un partito
unico rivoluzionario.

 

PRIMI FIRMATARI

 

Alessandra
Algostino
Gianni Ascheri
Simona Bani
Fabio Bovi
Claudio Cancelli
Patrizia Cancian
Eleonora Cane
Giuliana Cupi
Giorgio Faraggiana
Maria Cristina Ferro
Salvatore Ficarra
Maria Chiara Giorda
Luca Graziano
Daniele Jalla
Angela Lano
Caterina Livide
Ermes Martinasso
Paolo Mattone
Clementina Mazzucco
Luca  Mercalli
Guido Montanari
Alberto Porro
Luigi Provero 
Chiara Sasso
Giuseppe Sergi
Angelo Tartaglia
Massimo Vallerani
Fulvio Zavaroni
Massimo Zucchetti

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Massimo Numa – ricordiamoci questo nome!

fonte indymedia, 19 luglio 2005

Da "la Stampa", cronaca cittadina, 19 giugno.
Articolo di Massimo Numa.

"…un folto gruppo di anarco-insurrezionalisti venuti anche da fuori
Torino per deninciare l’azione di un commando di estrema destra che,
una settimana fa, AVREBBE accoltellato due ospiti del centro sociale
Barocchio di Collegno…"

"…la polizia aveva invano CERCATO IL DIALOGO…"

"…l’ala dura del movimento, indossati i CASCHI (ne ho visti due o
tre, NdA), HA DECISO CHE ERA ARRIVATA L’ORA DI SCATENARE GLI INCIDENTI,
SEGUENDO UN PIANO, ALMENO IN APPARENZA, PROGRAMMATO CON UNA CERTA CURA"
(per chi non lo sapesse, la polizia ha caricato a freddo, disperdendo
il corteo anzichè contenerlo, e sparando DA SUBITO i lacrimogeni. Il
piano l’aveva programmato la questura, ed è stato evidente a tutt*).

(e qui rasentiamo il ridicolo, notate bene il tono della frase) "Prima
di disperdersi come un sol uomo, fuggendo a velocità supersonica verso
i loro rifugi, i centri sociali – le case del comune occupate
abusivamente da anni, nonostante le proteste e le numerose inchieste
giudiziarie – gli <antifa> hanno pensato bene di prendere di mira
i dehor e le vetrine dei bar di via po. UNA DECINA DI POLIZIOTTI E
CARABINIERI SONO RIMASTI FERITI, MENTRE IL FUMO ACRE DEI LACRIMOGENI HA
FATTO <PIANGERE> CENTINAIA DI TORINESI FINITI PER CASO IN VIA PO"
(feriti?? e come??? forse intossicati dai loro stessi, infami,
lacrimogeni)

"…durante la marcia squatter e antagonisti non sono rimasti inermi: ovunque scritte sui muri…"

"..un pensionato è stato travolto dagli antagonisti in fuga; s’è fatto male a un ginocchio, è caduto…"

Facciamo il punto: un corteo fin troppo pacifico, accolto dalla
popolazione locale con simpatia e rispetto, tanto che prima della
partenza moltissim* mercatar* si sono prodigati offrendo liquidi e
frutta fresca ai manifestanti quanto mai accaldati; tanto che alcuni
negozianti alzavano le serrande tra gli applausi generali, non avendo
nulla da temere.
Per tutta la durata dell’iniziativa le forze
dell’ordine hanno insultato e provocato il corteo, cercando addirittura
di bloccare un compagno che si era attardato – pronta la reazione dei
manifestanti che l’hanno subito riportato al centro del gruppo.
Arrivati in via Po, il grosso è rimasto bloccato in via accademia
albertina, e in quel momento si è tentato di far arrivare il corteo
fino a piazza vittorio. Solitamente, sia che si riesca a passare, sia
che si venga respinti, la situazione resta tranquilla. Invece dopo DUE
SECONDI la polizia ha iniziato a manganellare e a praticare una vera
caccia all’uomo, disperdendo il corteo e inseguendo chiunque per circa
due isolati (in questo frangente sono state fermate 4 persone). Il
gruppo si è subito disunito e tra il fuggi-fuggi generale si cercava
solo di aiutare chi era per terra e proteggersi la testa!
Allucinante lancio di lacrimogeni, assolutamente inutile, e botte a
destra e a manca. Da individualità che ha partecipato al corteo posso
solo riferire di volti arrossati, occhi chiusi dal bruciore,
solidarietà verso chiunque cadeva in fuga e veniva tirato su, da me
come da tutt*; altro che vecchietti travolti! Per far rialzare un
compagno ho beccato una manganellata (di striscio), del tutto gratuita
e immotivata.
Chiaro l’intento della questura di non permettere
la propaganda antifascista, altrettanto chiaro l’obiettivo (raggiunto)
di condurre il corteo esattamente nel luogo stabilito, dov’era ovvio
che a cariche così pesanti, unitamente al lancio di lacrimogeni, i/le
più attiv* avrebbero risposto con qualche sporadica devastazione. In
realtà gran parte dei danni a dehor e similari è stato dovuto alla FUGA
dei manifestanti INVESTITI, COME CHIUNQUE PASSASSE DA VIA PO, DAL MURO
FUMOSO DEI LACRIMOGENI!

Concludo con le parole del
presidente del consiglio comunale Alessandro Altamura: "La condanna più
ferma della violenza, e la massima solidarietà a tutte le forze
dell’ordine"

Grazie ai giornalisti, che fomentano l’opinione
pubblica, da fidi burattini, orientando le masse al capitalismo
sfrenato dei loro padroni, difendendo il revisionismo di questi
neofascisti, giustificando la violenza della polizia come atto
necessario e lodevole.

Ma gli anarchici non dimenticano…

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Sbirri, di Massimo Numa

fonte informa-azione.info 


Questa sera, mercoledì 23 gennaio 2008, un gruppetto di instancabili
guastafeste si è radunato sotto la libreria Feltrinelli di piazza CLN.
Volevano partecipare a modo loro alla presentazione di "Sbirri", ultima
– e speriamo davvero! – fatica editoriale del noto pennivendolo de La
Stampa, Massimo Numa.
Rampante giornalista di cronaca, soprattutto torinese, M. NUM. si è
sempre contraddistinto per uno spiccato stile calunnioso e questurino.
Per celebrare come si deve l’evento, la questura ha pensato ad una
geniale mossa promozionale, schierando davanti alle porte della
libreria un manipolo di sbirri, appunto, che bloccavano l’ingresso. Ma
anche attraverso i vetri il gruppetto di contestatori è riuscito a
recapitare a M. NUM. il proprio disprezzo e a guastargli la festa.

Ai passanti veniva distribuito il volantino allegato.

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